“Il corteo si era fermato davanti alla ex caserma dei carabinieri. Nessuno usava più quello stabile da anni. Abbandonato. Lasciato a se stesso.
Alcuni avevano fatto scudo attorno al portone di ingresso e acceso i fumogeni. Altri ragazzi, coperti dalle nubi colorate sprigionate da quei scintillanti tubi di plastica, si davano da fare con le cesoie. Pochi secondi e il portone di ingresso era aperto.
Nessuno dei ragazzi del quartiere voleva attendere.
Quello che reggeva il megafono provava a convincerli in ogni maniera.
Compagni, con calma porca miseria. Lasciate entrare per primi quelli che si devono accertare della sicurezza dello stabile.
Come se ce ne fosse stato bisogno. Tutti noi ci hanno fatto un giro almeno una volta lì dentro, a scavalcare i cancelli per fumarsi le prime sigarette di nascosto o per semplice curiosità. Già era pieno di scritte sui muri interni.
Calmi! Calmi! Non si può ancora entrare! Non si può ancora entrare!
Nessuno se lo filava troppo il megafono in quel momento. Finalmente potevamo entrare liberamente in quel posto. Di giorno. Alla luce del sole. Senza doverci più nascondere. Ci potevamo trovare tutti assieme in un luogo libero, senza essere costretti a pagare il dazio di un boccale di birra al barista di turno. La nostra nuova casa . . .”
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