Osservare come si comportano lo stato italiano e l’apparato dei media con le proteste e le contestazioni e’ molto istruttivo.
Si tratta di un connubio iniziato molto tempo fa, almeno dagli anni ’70 del secolo scorso, se non molto prima. Da un punto di vista legislativo l’Italia e’ ben attrezzata: il codice Rocco nasce durante il ventennio e attraversa immutato tutto il dopoguerra, per inasprirsi con la legge Reale e le misure “antiterrorismo”. Si delinea cosi’ quella parentesi liberticida all’insegna dell’emergenza, che da allora non si e’ mai conclusa. Terminata la stagione di lotte degli anni ’70, annichilita una generazione, quel modus operandi e quelle leggi rimangono: regalo ai posteri. Con queste si avvallano un’ampia gamma di misure restrittive e reati ad hoc, che cozzano apertamente anche con le piu’ elementari liberta’ di uno stato di diritto, ma vengono giustificate dalla emergenzialita’ della situazione.
Giornali e TV si rivelano fondamentali per la creazione del clima di allarme sociale: ogni parola, immagine, voce sono utili e manipolabili per creare un terreno fertile, dal quale possano nascere emergenze continue. Passati oltre 40 anni, sembra che nulla sia cambiato nella lucida e colpevole paranoia con la quale questa strana coppia si pone in relazione ad una societa’ civile sempre piu’ critica nei loro confronti.
Il 19 ottobre non e’ stato diverso.
Le settimane precedenti al corteo sono state un susseguirsi di allarmi e uscite mediatiche tese a creare un clima emergenziale e terrorifico.
Vi sono alcune litanie ben precise, che ricorrono sempre uguali. I violenti provenienti da un fuori non meglio definibile. A volte un fuori geografico, i black block dalla Francia, dalla Germania, dal sud, dal nord. Altre volte anagrafico, i giovani violenti. I barbari al sacco di Roma. Immagini che per essere giustificate hanno bisogno di vittime sacrificali.
Diversi giorni prima del corteo Roma era di fatto militarizzata, cosi come lo e’ da almeno un anno la Val di Susa, con posti di blocco, simili a check point sulle principali vie d’accesso alla citta’. In uno dei tanti controlli viene fermata una macchina con a bordo cinque persone provenienti da Firenze. La pattuglia della stradale spiega che devono controllare “per ordini dall’alto” i loro nomi e confrontarli con una specie di lista degli indesiderati compilata in base alle segnalazioni di tutte le questure d’Italia. Questi cinque malcapitati hanno il piacere e la sfortuna di essere attivi sia all’interno del Csa nEXt Emerson, sia nel Movimento di lotta per la casa di Firenze, e in generale di essere conosciuti nell’ambiente delle realta’ autorganizzate cittadine. Sono cosi’ scortati presso un commissariato, nel quale verranno trattenuti fino a tarda notte. Per giustificare l’operazione vengono sequestrati i pochi oggetti nel bagagliaio, non associabili pero’ ad alcun tipo di reato. Infine a beneficio dei media e delle statistiche ministeriali sugli interventi preventivi effettuati viene notificato a ciascuno un foglio di via per tre anni da Roma. Una di loro avrebbe anche dovuto essere nella capitale per lavoro il lunedi’ successivo, cosa che evidentemente non e’ potuta accadere.
Questa scenetta potrebbe anche far ridere, se non fosse che le persone coinvolte non sono personaggi di una sitcom. Questi atti di una burocrazia impersonale e quasi kafkiana disegnano di fatto uno scenario opprimente, in cui si attua una pesante repressione preventiva, e palesemente si tenta di spaventare e “sconsigliare” l’attivita politica, la critica sociale.
Il foglio di via e’ una misura arbitraria che non richiede alcun processo, ma viene decisa da un semplice funzionario, senza aver commesso alcun tipo di reato: basta uno sguardo sbagliato, una parola di troppo, la frequentazione di ambienti non graditi alla questura. In questi casi si tratta di un vero e proprio daspo politico, neppure troppo diverso dall’accompagnamento al confino degli elementi scomodi tanto caro al ventennio.
Queste pesanti misure preventive si inseriscono all’interno di un clima di allarme e di intimidazione neppure troppo velata nei confronti dei manifestanti. Trovare gli autobus per Roma diviene cosi’ una sorta di via crucis, dal momento che le agenzie di noleggio erano state preventivamente “sconsigliate” dall’affittare mezzi per la trasferta. Alle uscite dell’autostrada gli autobus vengono fermati e perquisiti: l’arrivo al corteo e’ un percorso ad ostacoli.
Il 19 ottobre questo meccanismo non ha funzionato, sono scese in piazza decine di migliaia di persone nonostante tutto. Non per questo e’ meno preoccupante e grave: questo modus operandi non e’ piu’ un’eccezione, ma la norma. La nostra societa’ viene nutrita e tirata avanti ad emergenze tese a giustificare continue sospensioni dei diritti piu’ elementari.
Non e’ questo il mondo che vorremmo e per il quale lottiamo: non siamo noi a dovercene andare via.